(ANSA) – ROMA, 07 MAG – L’anno della pandemia è stato
difficile per le mamme italiane, circa 6 milioni, che hanno
dovuto districarsi tra lavoro e i figli piccoli rimasti a casa
poiché non hanno potuto contare sul supporto di asili nido e
scuole materne. Complessivamente nel 2020 sono state 249 mila
le donne che hanno perso il lavoro e ben 96 mila erano mamme, di
queste 4 su 5 hanno figli con meno di 5 anni. Sono quelle madri
che a causa della necessità di seguire i più piccoli, hanno
dovuto rinunciare al lavoro o ne sono state espulse. La quasi
totalità – 90 mila su 96 mila – erano già occupate part-time
prima della pandemia. Mamme ancora più in difficoltà nel Sud,
con Campania e Calabria agli ultimi posti, mentre la situazione
va meglio al nord, dove al vertice, come avviene dal 2012, ci
sono ancora una volta le Province Autonome di Bolzano e Trento,
seguite quest’anno dalla Valle d’Aosta, che “supera” l’Emilia
Romagna. L’aspetto positivo è che in tutte le Regioni c’è un
miglioramento generale, dovuto ad una propensione maggiore ad
un’equa distribuzione nei carichi di cura e lavoro familiare
all’interno delle coppie, anche se non ancora sufficiente a
ridurre gli squilibri esistenti.
E’ quanto emerge dal sesto rapporto “Le Equilibriste: la
maternità in Italia 2021” che Save The Children lancia alla
vigilia della Festa della mamma per fare una analisi della
condizione delle madri in Italia durante la pandemia.
Non è un caso, sottolinea Save The Children, se il nostro
Paese detiene il primato delle madri più anziane d’Europa alla
nascita del primo figlio (31,3 anni contro una media di mamme in
EU di 29,4), per non parlare del tasso di natalità che durante
la pandemia ha registrato un decremento del 3,8%, pari a 16 mila
nascite in meno, rispetto all’anno precedente.
Visto il quadro “fosco” Save The Children invoca urgenti
politiche per l’infanzia, in particolare chiede alla politica di “mettere subito in atto misure in grado di creare un sistema
integrato da zero a sei anni, che offra un servizio di qualità e
gratuito in cui i bambini abbiano la possibilità di apprendere e
di vivere contesti educativi necessari al loro sviluppo”.
(ANSA).
Fonte Ansa.it