Dopo aver suscitato un grande dibattito l’anno scorso, quando ha annunciato che la sua startup Neuralink era riuscita a impiantare un ciuffo di elettrodi nel cervello di un topo, adesso Elon Musk stupisce il mondo con Neuralink V2, seconda versione di questo sistema di comunicazione tra uomo e macchina. Questa volta, però, gli elettrodi sono stati impiantati nel cervello di due maiali, che sono vivi e vegeti e sembrano stare benissimo.
Rispetto al prototipo dell’anno scorso, poi, non c’è più alcun modulo esterno da collegare dietro l’orecchio ma il design è “all in one” e gli elettrodi hanno la ricarica wireless. Per descrivere questa sua ultima, visionaria idea Musk ha detto che è come avere “Fitbit dentro alla scatola cranica“.
Joyce, Gertrude e Dorothy
I tre protagonisti della presentazione di Neuralink V2 sono stati Joyce, Gertrude e Dorothy. Sono i tre maiali scelti da Musk per mostrare al mondo a che punto è arrivata la sua tecnologia e quanto è sicura. Joyce non ha subito alcun impianto ed è stato portato “on stage” solo per mostrare come si comporta un “healthy happy pig” (queste le parole ripetute più volte da Elon Musk), un maiale in buona salute e felice che si comporta normalmente.
Dorothy è invece una scrofa che ha subito l’impianto e poi la rimozione, mentre Gertrude ha subito l’impianto ma non la rimozione, quindi al momento della presentazione aveva ancora gli elettrodi nel cervello. La prima parte della dimostrazione consisteva nel mostrare la sicurezza della tecnologia: tutti e tre i maiali si comportavano allo stesso modo e non avevano alcun problema di salute, a prescindere dal fatto che avessero subito o meno l’impianto e l’espianto.
Ma ben presto l’attenzione del pubblico presente e di quello connesso in streaming si è focalizzata su Gertrude, cioè il maiale che ha ancora gli elettrodi. O meglio, si è focalizzata sul computer che mostrava l’attività cerebrale di Gertrude in diretta.
Neuralink V2: cosa può fare
La dimostrazione con Gertrude è andata secondo i piani: l’animale si muoveva senza alcun problema, non sembrava avere alcun fastidio derivante dagli elettrodi e il sistema di lettura in tempo reale degli impulsi cerebrali ha funzionato a perfezione. Su un grande monitor, infatti, Musk ha mostrato una sorta di elettroencefalogramma, dal quale erano evidenti i ripetuti picchi di attività cerebrale quando a Gertrude veniva offerto del cibo o veniva stimolata a fare qualcosa.
Poi Musk ha mostrato un video, nel quale si vedeva un’altra cosa che può fare Neuralink V2: predire quali saranno gli impulsi cerebrali successivi a quelli rilevati, grazie ad un algoritmo di intelligenza artificiale. Il video, infatti, mostrava Gertrude su un tapis roulant elettrico in funzione: man mano che l’animale effettuava i movimenti della camminata l’algoritmo li interpretava per predire quale sarebbe stato il successivo impulso inviato dal cervello ai muscoli. La differenza tra gli impulsi previsti e quelli effettivamente prodotti dal cervello di Gertrude era veramente minima.
Scrivere nel cervello
Quanto illustrato fino ad ora ha a che fare, in buona sostanza, con la “lettura” del cervello. Ma Neuralink si pone un obiettivo ben più ambizioso: la sua “scrittura”. I requisiti per fare ciò sono stati identificati in un preciso controllo del campo magnetico cerebrale, nel tempo e nello spazio, nella capacità di gestire diverse tensioni elettriche in diverse parti del cervello e, ovviamente, nell’assoluta innocuità di tutto ciò.
Musk ha mostrato un altro video, nel quale si vede che Neuralink è riuscita in questo intento: all’emissione di una corrente da parte degli elettrodi corrispondeva una precisa attività dei neuroni colpiti. Inoltre, sono bastati pochi elettrodi per attivare centinaia di neuroni contemporaneamente.
Neuralink V2: come è fatto
Il primo prototipo di Neuralink era composto da una sezione interna, il ciuffo di elettrodi impiantati nel cervello del topo, e di una esterna, il cosiddetto “Link” che serviva a raccogliere i dati captati dagli elettrodi e inviarli a un dispositivo esterno di lettura. In Neuralink V2 non c’è più il Link esterno: è tutto dentro la scatola cranica.
Con un impianto dalle dimensioni totali di 23×8 millimetri è possibile posizionare nel cervello 1.024 elettrodi, in grado di restare attivi tutto il giorno e di ricaricarsi durante la notte, in modalità wireless. La capacità di trasmissione dei dati arriva fino ad un massimo di 10 metri di distanza.
Musk ha già ottenuto la prima autorizzazione per sperimentare Neuralink V2 sugli umani, ma servono ulteriori approvazioni e test (soprattutto di sicurezza) prima che la sperimentazione possa iniziare. Nel frattempo, Neuralink 1 è stato testato sui topi, Neuralink 2 su maiali e scimmie.
Neuralink V2: a cosa serve
Lo scopo ufficiale del progetto Neuralink è quello di curare diverse malattie: perdite di memoria, depressione, ansia, insonnia, dipendenze, perdite di udito e cecità, attacchi di panico, infarti, paralisi, crisi epilettiche e vari tipi di danno cerebrale.
Neuralink nasce inizialmente con lo scopo di creare un link, un collegamento per scavalcare aree del cervello o del midollo spinale danneggiate. In particolare, in caso di paralisi, se è possibile leggere l’impulso che parte dal cervello ma che non riesce a raggiungere il muscolo (per via di una interruzione in un qualche punto del sistema nervoso), con un impianto Neuralink in teoria sarebbe possibile leggere il segnale “a monte” e scriverlo “a valle”, scavalcando così l’interruzione e permettendo al paziente di tornare a muoversi.
Tutti i dubbi su Neuralink
Fino a pochi anni fa le cosiddette “Brain-Machine Interface” erano viste come l’unica speranza per moltissime malattie estremamente debilitanti. Oggi, invece, iniziano a suscitare parecchi dubbi etici. Neuralink V2 ne suscita più di tutte le altre, perché sembrerebbe uno dei progetti più avanzati.
I possibili vantaggi derivanti da Neuralink (o sistemi simili) in campo medico sono indubbi, ma la possibilità di “leggere” e, soprattutto, di “scrivere” nel cervello umano è qualcosa che fa tremare i polsi anche al più fiducioso dei visionari.
In passato Musk ha parlato apertamente di “superhuman intelligence“, cioè di un nuovo tipo di intelligenza mista, un po’ derivante dal cervello umano e un po’ derivante dalle macchine alle quali è connesso. Il primo dubbio, lecito, su uno scenario del genere è quello su chi controllerà tutto ciò e quali saranno i livelli di sicurezza e di privacy: chi potrà “leggere” il nostro cervello? Chi vi potrà “scrivere”?
Come verranno usati, poi, i dati sui nostri impulsi cerebrali? Grazie agli algoritmi di machine learning è oggi possibile elaborare enormi quantità di dati grezzi e aggregarli in qualcosa di significativo. Le implicazioni etiche e morali delle possibili attività di tracciamento, predizione o controllo neurale che si verrebbero a creare, sono terrificanti.
Un terzo grande dubbio, invece, è di tipo economico: se andiamo verso la “superhuman intelligence“, infatti, chi se la potrà permettere? Andiamo verso un futuro di ricchi “super intelligenti” e poveri “normalmente intelligenti”? Questo dubbio, poi, ne apre un altro ancor più inquietante: qualcuno sarà in grado di creare un esercito di “super soldati” con intelligenza mista?
A molti questi dubbi sembreranno solo la trama di un film o un videogioco di fantascienza, ma mai come oggi scienza e fantascienza sono così vicine.
Fonte Fastweb.it