Oppenheimer, Nolan titanico per il signore dell’atomica

(di Francesco Gallo) Alla proiezione di Oppenheimer si
balla sulla sedia per la potenza del rumore. È un dato di fatto,
proprio come se ci si trovasse dentro un combattimento di
Avengers. Eppure sullo schermo c’è quasi sempre, in campo
stretto, il volto malinconico e amletico di Cillian Murphy: è
lui infatti il padre della bomba atomica nell’atteso film di
Christopher Nolan in sala dal 23 agosto distribuito da Universal
Pictures.
    E che dentro questo lavoro girato in 70 millimetri Imax ci sia
un po’ di Shakespeare, Malick, Hitchcock e, soprattutto, tanta
natura nel suo stato molecolare, rumoroso è quello che impari
subito nelle tre ore del film.
    Ora quel rumore che Nolan ci propone più volte, per accompagnare
le sperimentazioni del progetto Manhattan, è sempre e solo la
voce della natura che cerca di liberarsi da ogni controllo,
quella voce che la fissione nucleare amplifica e con la quale
si sono misurate le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. E
così ci sta tutto che questo film sia ispirato da American
Prometheus di Kai Bird e Martin J. Sherwin, biopic che paragona
Oppenheimer al titano che rubò il fuoco per gli uomini, non
senza conseguenze, perché in realtà quello che fu compiuto
nella città supersegreta di Los Alamos nel deserto negli anni
Quaranta è stato uno schiaffo degli uomini alla natura, uno
schiaffo che la natura non ci ha mai davvero perdonato.
    “Non è una nuova arma, è un nuovo mondo” così a un certo punto
dice un consapevole Oppenheimer volendo intendere che dopo la
bomba atomica non si torna più indietro. Perché se il nucleare
rende impossibile la guerra che porterebbe all’estinzione
dell’umanità, allo stesso tempo rende il mondo un posto
altamente insicuro perché lo fa viaggiare su un camion pieno di
tritolo.
    Fin qui il rumore, ovvero la colonna sonora di questo film
(scritta da Ludwig Göransson), poi c’è il singolo, ovvero Robert
Oppenheimer/Murphy, esaltato dall’Imax, su cui questa storia
titanica pesa anche troppo. E così il viso dell’attore
irlandese, pieno di smorfie, movimenti e impercettibili rughe
cerca di raccontare quello che non si può raccontare.
   

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Fonte Ansa.it

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