Paolo Taviani, 90 anni tra rigore e impegno civile

(ANSA) – ROMA, 07 NOV – In questi giorni sta dando gli ultimi
ritocchi al suo primo film “in solitario”, ancora una volta
ispirato a Pirandello e al suo racconto omonimo “Leonora addio”.
    Lo ha voluto in bianco e nero, come in un ideale ritorno agli
esordi di quel cinema, firmato Paolo & Vittorio Taviani che fin
dagli anni ’50 tracciò un’ideale linea di confine tra il
magistero del Neorealismo e un nuovo cinema realista,
volutamente ideologico e poetico insieme. Compie 90 anni l’8
novembre Paolo Taviani.
    Nati a San Miniato, vicino a Pisa, da una famiglia borghese,
con padre avvocato e antifascista, i Fratelli Taviani arrivano a
Roma con un’idea ben chiara nella testa: fare il cinema,
suggestionati dalla scoperta di “Paisà” (Rossellini è il maestro
dichiarato), emozionati da “Ladri di biciclette”. Dal loro
sodalizio sono nati film che hanno segnato la storia del cinema
come il profetico “Sovversivi” sulla fine della fiducia cieca
nel comunismo reale e il visionario “Sotto il segno dello
scorpione” a cavallo con la repressione in Cecoslovacchia; hanno
anticipato il fallimento dell’utopia rivoluzionaria attingendo
alla storia del Risorgimento con “San Michele aveva un gallo” e “Allosanfan”. Nel 1977 hanno vinto la Palma d’oro con “Padre
padrone” e 8 anni dopo trionfano ancora a Cannes con il loro più
grande successo, “La notte di San Lorenzo” (Premio speciale
della giuria). E’ dell’84 il loro incontro con Pirandello e le
novelle di “Kaos” seguito nel ’98 da “Tu ridi”; nel 2012 vincono
il Festival di Berlino con “Cesare deve morire”. L’ultima
collaborazione è del 2017 con “Una questione privata” che Paolo
dirige da solo, mentre il fratello Vittorio è costretto a
rimanere a casa per la malattia che lo avrebbe portato via il 15
aprile di tre anni fa.
    Paolo Taviani ama definirsi anche oggi “un mezzo regista”
perché metà di lui non c’è sul set, si sente “un impiegato del
cinema perché in fondo Vittorio ed io lavoriamo da sempre con
certe regole e un certo ritmo. I film cambiano, io molto meno e
continuo a pensare che facciamo questo mestiere perché se il
cinema ha questa forza, di rivelare a noi stessi una nostra
stessa verità, allora vale la pena di metterci alla prova”.
    (ANSA).
   

Fonte Ansa.it

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