(ANSA) – ROMA, 03 NOV – La pandemia ha fatto scoprire
all’Italia il concetto di smart working, ma qual è il futuro del
lavoro agile? Lo raccontano i risultati della ricerca
dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del
Politecnico di Milano*, presentata oggi durante il convegno “Rivoluzione Smart Working: un futuro da costruire adesso”. I
dati mostrano come, rispetto all’apice della crisi nel 2020,
quest’anno l’utilizzo del lavoro agile abbia visto una netta
flessione, dovuta alle vaccinazioni e al ritorno verso una
normalità. Così nel corso del 2021 si è passati da 5,37 milioni
di smart worker nel primo trimestre dell’anno a 4,07 milioni nel
terzo trimestre, ma è un trend che potrebbe nuovamente cambiare
nel post pandemia. Secondo la ricerca, infatti, le previsioni
parlano di 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in
parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese,
700mila delle PMI, 970mila nelle microimprese e 680mila nella
PA. Lo smart working rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle
grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia
quelli informali, nel 62% delle PA e nel 35% delle PMI. Che vi
sia stata, in ogni caso, una crescita del lavoro agile appare
evidente dal fatto che esistano oggi progetti di smart working
strutturati o informali presenti nell’81% delle grandi imprese
(contro il 65% del 2019), nel 53% delle PMI (nel 2019 erano il
30%) e nel 67% delle PA (contro il 23% pre-Covid). “La pandemia
ha accelerato l’evoluzione dei modelli di lavoro verso forme di
organizzazione più flessibili e intelligenti e ha cambiato le
aspettative di imprese e lavoratori, anche se emergono delle
differenze fra le organizzazioni che rischiano di rallentare
questa rivoluzione” ha dichiarato Mariano Corso, Responsabile
scientifico dell’Osservatorio Smart Working. (ANSA).
Fonte Ansa.it