Allinearsi o prepararsi a fare le valigie per lasciare il mercato europeo. L’ombra dell’aut aut prima soltanto simbolico dell’Europa alle major del tech si allunga sempre di più sul gotha mondiale dei social network e dei motori di ricerca. E, seguendo il ritmo impartito dal Digital Services Act, va a colpire diciannove big tra i quali spiccano le solite note a stelle e strisce, ma anche il nuovo re di Twitter, Elon Musk, e la cinese TikTok. Tutte chiamate a raccogliere il guanto di sfida dei precetti Ue del Digital Services Act su trasparenza, tutela di utenti e minori, e lotta alla disinformazione. Una stretta che dai Ventisette potrebbe presto allargarsi anche oltre la Manica, dove il governo di Rishi Sunak ha presentato un disegno di legge dai contorni analoghi con multe fino al 10% (in Ue si arriva al 6%) del giro d’affari annuo dei colossi.
L’attesa lista delle piattaforme sorvegliate speciali che non possono più essere ‘too big too care’ promessa da Bruxelles è arrivata come previsto sei mesi dopo la pubblicazione del Dsa sulla Gazzetta Ue. E designa tutte le major che, a fine febbraio, hanno certificato di avere oltre 45 milioni di utenti attivi al mese. Cifre che toccano Google (con Search, Maps e Play), l’AppStore di Apple, Meta (con Facebook, Instagram e Youtube), il marketplace di Amazon, Microsoft (con Bing e LinkedIn), e poi ancora Twitter, le cinesi TikTok (di proprietà del colosso Bytedance) e AliExpress, Booking, Pinterest, Snapchat, Wikipedia e Zalando. Per loro, è stato il nuovo avvertimento del commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, diventato in questi mesi lo ‘sceriffo’ del ‘far west digitale’, “il conto alla rovescia è iniziato”. E ha nel 25 agosto il suo termine più importante. Da quel momento “dovranno cambiare i loro comportamenti” se vorranno restare in Europa. Esattamente quattro mesi di tempo per “rispettare pienamente gli obblighi speciali” previsti dal regolamento Ue.
Che lo stesso francese è tornato a sciorinare ai giornalisti mettendo l’accento sulla necessità di trasparenza e tutele per gli utenti, con particolare attenzione per i minori. Nei dettagli, le piattaforme dovranno produrre analisi dei rischi connessi ai loro servizi in termini di diffusione di contenuti illegali, violazione della privacy o della libertà di espressione, ma anche in materia di salute o sicurezza pubblica, compreso il benessere psicologico dei minori. E poi predisporre strumenti adeguati per una moderazione dei contenuti più affidabile – con la rimozione tempestiva di quelli illeciti -, oltre ad aprire i propri algoritmi ai servizi Ue e offrire l’accesso ai dati ai ricercatori autorizzati. Regole che vanno ad aggiungersi ai precetti del Dsa validi anche le società più piccole, che entreranno di fatto in vigore il 17 febbraio 2024.
E che prevedono una stretta sulla profilazione, il divieto di utilizzare i dati sensibili degli utenti (sesso, orientamento politico, appartenenza religiosa, ecc.) per pubblicità mirate, e obblighi di trasparenza. A rendere più ripida la salita per i colossi digitali ci saranno anche una serie di stress test che Breton è deciso a condurre in prima persona. Prima in California, a giugno, su inusuale invito di Musk nel quartier generale di Twitter. E poi in Asia da TikTok, per capirne meglio “le origini” e “le innovazioni”. E presto l’avvertimento potrebbe arrivare anche ad altre “quattro o cinque” major: tutti gli indizi portano a Telegram, AirBnB, PornHub e Spotify.
Fonte Ansa.it