(ANSA) – CATANIA, 17 GEN – E’ Rosario Palermo, l’ex
convivente della madre della giovane scomparsa di casa il 4
giugno del 2012, l’uomo arrestato dai Carabinieri della
compagnia di Acireale per l’omicidio e l’occultamento del
cadavere di Agata Scuto, la 22enne il cui corpo non è stato mai
trovato. Le indagini erano state avviate da militari dell’Arma
di Acireale nel 2020 dopo una segnalazione alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ di Rai3 sulla presenza del corpo della
giovane, affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e
alla gamba, nascosto nella cantina della casa della madre. Ma le
ricerche hanno avuto esito negativo. Le attenzioni dei
carabinieri si sono concentrate su Rosario Palermo, spiega la
Procura di Catania, “in ragione del rapporto particolare che
egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza”, per “le falsità delle notizie fornite agli inquirenti” sui “suoi
spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”. Tra i “gravi
indizi di colpevolezza e responsabilità dell’uomo per l’omicidio
e l’occultamento del cadavere” è citata una intercettazione
ambientale. “L’uomo, parlando da solo all’interno della propria
autovettura – scrive la Procura di Catania – spaventato dal suo
possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di
Agata Scuto venisse trovato in un casolare a Pachino e che si
accertasse che era stata strangolata e bruciata, riflettendo
sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare
cosa fosse rimasto del cadavere”. A fare crescere i sospetti su
Palermo anche il fatto che l’uomo “avrebbe cercato di inquinare
le prove, non solo ottenendo da dei suoi conoscenti la conferma
del suo falso alibi, ma addirittura predisponendo una complessa
messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la
ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era
gravemente ferito ad una gamba” sostenendo che era stato a causa
di una caduta in montagna. Per questo avrebbe, durante le
restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia, “cercato di nascondere sull’Etna un tondino di ferro intriso del
suo sangue, che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo
arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza”.
(ANSA).
Fonte Ansa.it