Identificare i pazienti positivi alla Covid-19, isolarli, rintracciare le persone con cui sono stati in contatto nelle ultime settimane e che, potenzialmente, potrebbero essere state infettate, e utilizzare queste informazioni per tracciare una mappa in tempo reale del contagio e della diffusione del virus nel Paese. In attesa del vaccino sembra questa la strada più promettente per arrestare la pandemia: ed è possibile farlo già oggi, utilizzando tecnologie esistenti e dal costo non astronomico.
Ma dove vai? Cuore di questo sistema sono i dati relativi agli spostamenti memorizzati nello smartphone di ciascuno di noi: dalle celle telefoniche alle quali il telefono si è agganciato alle più puntuali coordinate GPS registrate dai nostri telefoni. Sarebbe sufficiente rendere queste informazioni accessibili alle autorità sanitarie per permettere di circoscrivere rapidamente i focolai di infezione e rallentare significativamente e nel giro di poche settimane la circolazione del virus.
Si combatte casa per casa. In un modo forse troppo invasivo per i nostri gusti, lo hanno fatto in Corea del Sud, dove grazie alla app Corona 100m ogni cittadino può sapere se in un raggio di 100 metri da dove si trova in quel momento c’è un contagiato, quali sono le zone della città o gli edifici più a rischio e dove sono i focolai. Grazie a questa tecnologia in poco più di 40 giorni la Corea del Nord ha ridotto i nuovi contagi da 800 a 80 al giorno senza dover introdurre misure stringenti come quelle adottate in Italia.
È una sorta di allarme digitale che permette a ogni cittadino di sapere se è entrato casualmente in contatto con persone infette di cui ignora le generalità, ma è anche un prezioso aiuto per i sanitari, che possono così sapere chi è stato potenzialmente contagiato e predisporre di conseguenza tamponi e misure di isolamento mirate e specifiche.
I tamponi servono davvero. Un sistema del genere però per funzionare ha bisogno di essere costantemente alimentato da dati freschi e precisi e non può basarsi esclusivamente sulle dichiarazioni spontanee dei pazienti infetti. Parte integrante della soluzione coreana sono infatti le centinaia di migliaia di tamponi fatti per le strade, nei supermercati, negli uffici: oltre 240.000 in un mese e mezzo. Un numero record, che ha permesso alle autorità di avere dati puntuali sulla diffusione dell’infezione.
I dati dei tamponi, integrati con quelli dei contatti dei cittadini ricavati dai social network e con quelli relativi agli spostamenti rilevati dallo smartphone, dalle telecamere di sorveglianza e dalle transazioni di carte di credito e bancomat, hanno permesso al Governo di Seoul di disporre di una mole di informazioni preziosa per circoscrivere in poche settimane l’epidemia.
La privacy. È ovvio che una simile tecnologia pone diverse domande relative alla privacy: chi può accedere a questi dati? Per quanto tempo? E se un malintenzionato bucasse il sistema, quali potrebbero essere le conseguenze? Interrogativi leciti, ma è anche bene ricordare che il nostro Paese sta affrontando la più grande emergenza dall’ultimo dopoguerra: una situazione straordinaria non può essere risolta con mezzi ordinari e probabilmente si è già perso troppo tempo, non sfruttando risorse e soluzioni che sono a portata di mano.
Un paese agli arresti non basta. Sembra evidente che le pesanti limitazioni ai diritti costituzionali (lavoro, istruzione, libera circolazione in primis), imposte per decreto, benché utili, stentano a dare il colpo di grazia alla diffusione dei contagi. Lo stesso Antonello Soro, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, in un’intervista di qualche giorno fa, si è detto aperto sull’utilizzo dei dati personali dei cittadini per contrastare la diffusione della Covid-19: «L’acquisizione di trend di mobilità anonimi potrebbe risultare una misura più facilmente percorribile: laddove, invece, si intendesse acquisire anche dati identificativi sarebbe necessario prevedere adeguate garanzie con una norma temporanea e conforme ai principi di proporzionalità, necessità, ragionevolezza».
Il Garante cioè non esclude a priori nemmeno la possibilità di utilizzare i dati identificativi dei cittadini pur di arrestare la pandemia, anche se con tutte le tutele legali e tecnologiche del caso.
Tutte le app del Presidente. Ad oggi sono circa 270 le proposte di app arrivate sul tavolo del Governo da università, aziende e centri di ricerca pubblici e privati che hanno partecipato a Innova Italia, un bando promosso dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, dal Ministro dello Sviluppo Economico e dal Ministro dell’Università e Ricerca con l’obiettivo di sviluppare soluzioni tecnologiche che possano contribuire ad arrestare la diffusione del Coronavirus. Saranno vagliate nei prossimi giorni, e forse ne vedremo presto qualcuna negli app store.
Fonte Focus.it