Anche dei software spia, normalmente usati per entrare in un dispositivo, strumenti usati anche nelle indagini di polizia, potrebbero essere utilizzati per tracciare il contagio del coronavirus andando quindi molto oltre l’app di cui si sta dibattendo. Ad aprire uno scenario controverso è una inchiesta di Reuters pubblicata online, che spiega come l’azienda israeliana Cellebrite, balzata agli onori delle cronache per aver hackerato su incarico dell’Fbi l’iPhone del killer di San Bernardino che Apple si era rifiutata di fare, stia lavorando per alcuni governi ad un sistema di tracciamento occulto.
Una pratica che di solito andrebbe fatta con il consenso dell’utente ma che Cellebrite mette in atto – spiegano fonti a Reuters – in casi legalmente giustificati come ad esempio quando c’è una violazione della quarantena o di provvedimenti governativi. “Non abbiamo bisogno della password del telefono per raccogliere i dati”, ha detto alla testata una persona che lavora nell’azienda. La società offre anche una versione dei suoi software rivolta agli operatori sanitari per tracciare la diffusione del Covid-19, ma gli strumenti possono essere utilizzati solo con il consenso del paziente, quindi non hackerando i telefoni.
I dirigenti della società israeliana hanno rifiutato di specificare quali paesi hanno acquistato i loro prodotti di sorveglianza ma hanno dichiarato di essere in procinto di installarli in una dozzina di paesi in America Latina, Europa e Asia. Secondo la testata oltre a Cellebrite, circa otto aziende di cyber intelligence starebbo facendo la stessa cosa. Cellebrite è diventata nota dopo la strage di San Bernardino, in California, il 2 dicembre del 2015, in cui vennero uccise 14 persone. Apple si oppose all’Fbi di entrare nell’iPhone di uno dei killer fino a quando l’Fbi pagò Cellebrite per sbloccare il dispositivo.
Fonte Ansa.it