Soro: ‘App per spostamenti sia volontaria e prevista per legge’

“Il trattamento di dati personali comunque realizzato richiederebbe, auspicabilmente, una norma di rango primario”. Così il Garante per la privacy, Antonello Soro, in audizione in Commissione Trasporti della Camera, in merito all’implementazione di una app per il tracciamento dei soggetti positivi al coronavirus. Soro ha parlato anche della possibilità di ricorrere a “un decreto-legge, che assicura la tempestività dell’intervento, pur non omettendo il sindacato parlamentare né quello successivo di costituzionalità, diversamente dalle ordinanze”.

“Ove non si procedesse a un intervento legislativo ad hoc – ha aggiunto Soro – sarebbe opportuno quantomeno integrare l’art. 14 dl 14/20, anche con misure di garanzia da prevedersi eventualmente con fonte subordinata”. “E’ preferibile – ha aggiunto – il ricorso a sistemi fondati sulla volontaria adesione dei singoli che consentano il tracciamento della propria posizione”. Ai fini della raccolta – ha poi aggiunto – il bluetooth parrebbe la soluzione migliore, così come quelle tecnologie che mantengono i contatti sul dispositivo dell’utente.

 “Ai fini della raccolta – ha proseguito il Garante – il bluetooth, restituendo dati su interazioni più strette di quelle individuabili in celle telefoniche assai più ampie, parrebbe migliore nel selezionare i possibili contagiati all’interno di un campione più attendibile perché, appunto, limitato ai contatti”. “In particolare – ha osservato – sarebbero apprezzabili quelle tecnologie che mantengono il diario dei contatti esclusivamente nella disponibilità dell’utente, sul suo dispositivo, ragionevolmente per il solo periodo massimo di potenziale incubazione”.

“E’ preferibile il ricorso a sistemi fondati sulla volontaria adesione dei singoli che consentano il tracciamento della propria posizione. Tuttavia, per garantire la reale libertà (e quindi la validità) del consenso al trattamento dei dati, esso non dovrebbe risultare in alcun modo condizionato”, sottolinea Soro auspicando “la volontaria attivazione di una app funzionale alla raccolta dei dati sull’interazione dei dispositivi”. “Pertanto, non potrebbe ritenersi effettivamente valido, perché indebitamente e inevitabilmente condizionato, il consenso prestato al trattamento dei dati acquisiti con tali sistemi, se prefigurato come presupposto necessario, ad esempio, per usufruire di determinati servizi o beni (si pensi al sistema cinese)”.

   

Fonte Ansa.it

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