Sovrintendenti teatri lirici, illegittimo pensionare 70enni

La Corte Costituzionale, con la
sentenza n. 146, depositata oggi, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 3, del decreto-legge 10 maggio
2023, n. 51 (Disposizioni urgenti in materia di amministrazione
di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di
solidarietà sociale), convertito, con modificazioni, nella legge
3 luglio 2023, n. 87. La disposizione censurata – su questione sollevata dal
Tribunale di Napoli, per la vicenda del Teatro San Carlo –
prevede la cessazione anticipata dalla carica, a decorrere dal
primo giugno 2023, per i sovrintendenti delle fondazioni
lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del
decreto-legge, abbiano compiuto il settantesimo anno di età,
indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali
contratti in corso. Una norma – applicabile anche ai direttori
stranieri delle fondazioni lirico-sinfoniche – con cui il
governo aveva di fatto mandato in pensione Stephane Lissner, il
direttore francese alla guida del lirico napoletano, al cui
posto sarebbe dovuto approdare Carlo Fuortes, dopo aver liberato
così la casella di amministratore delegato della Rai. Contro il
decreto aveva presentato ricorso Lissner, ottenendo di essere
reintegrato al suo posto. Nel frattempo Fuortes è approdato alla
guida del Maggio fiorentino. Il Tribunale di Napoli aveva ritenuto la disciplina lesiva
dei principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di
buon andamento e di imparzialità (artt. 97 e 98 Cost.) e aveva
denunciato l’evidente carenza dei presupposti prescritti dalla
Costituzione per il ricorso al decreto-legge (art. 77 Cost.). La
Corte – spiega un comunicato della Consulta – ha accolto le
questioni in riferimento all’art. 77 Cost. e ha dichiarato
assorbite le altre censure. La Corte ha ribadito che il ricorso allo strumento della
decretazione d’urgenza, pur affidato all’autonoma scelta
politica del governo, è assoggettato a precisi “limiti
costituzionali” e a “regole giuridiche indisponibili da parte
della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per
la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze
politiche”. Tale potere normativo “non può giustificare lo
svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che
resta la sede della rappresentanza della Nazione (art. 67
Cost.)” e dev’essere esercitato “nel rispetto degli equilibri
costituzionalmente necessari”. La preesistenza di una situazione
di fatto che comporti la necessità e l’urgenza di provvedere
costituisce un requisito di validità costituzionale
dell’adozione del decreto-legge e l’eventuale evidente mancanza
di quel presupposto si configura come un vizio di legittimità
costituzionale tanto del decreto-legge quanto della legge di
conversione. Il requisito dell’omogeneità si atteggia come uno degli
indici rivelatori della sussistenza o della mancanza delle
condizioni di validità del provvedimento governativo. La Corte
ha chiarito che tali limiti non sono funzionali solamente “al
rispetto degli equilibri fondamentali della forma di governo, ma
valgono anche a scoraggiare un modo di legiferare caotico e
disorganico” che reca pregiudizio alla certezza del diritto e,
in particolare, “sia all’effettivo godimento dei diritti che
all’ordinato sviluppo dell’economia”. La disposizione che
sancisce l’immediata cessazione dagli incarichi in corso, a
decorrere da una data individuata nel primo giugno 2023, non
presenta alcuna correlazione con le finalità di salvaguardare
l’efficienza delle fondazioni lirico-sinfoniche, peraltro
enunciate nel preambolo del decreto-legge “in termini generici e
apodittici”. La disomogeneità della disposizione censurata emerge anche
dall’analisi del titolo dell’atto normativo e delle restanti
disposizioni del decreto-legge e dalla discussione parlamentare,
che non indica “elementi risolutivi in ordine alla straordinaria
necessità e urgenza di regolare i rapporti in corso, secondo la
tempistica tracciata nel decreto-legge, per dare concreta
attuazione all’obiettivo di efficienza dichiarato nella premessa
del decreto”. Neppure nel giudizio dinanzi alla Corte sono stati
prospettati elementi decisivi in ordine alla conformità ai
requisiti prescritti dall’art. 77 Cost. Tutti gli indici
descritti convergono dunque nell’escludere, per la specifica
disposizione censurata, quella “esigenza di dare risposte
normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in
modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità
[…], che rappresenta la necessaria legittimazione del
decreto-legge nel sistema costituzionale delle fonti”.
   

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Fonte Ansa.it

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