I sensori e i dispositivi indossabili – i wearable device – incorporati nell’abbigliamento o da tenere a contatto con la pelle, o anche sottopelle, hanno una vasta gamma di applicazioni, alcune ormai d’uso comune. Ci sono per esempio i tanti dispositivi (orologi, cinturini eccetera) utili a chi fa sport per monitorare i parametri fisiologici (battito, ossigenazione, pressione) durante l’allenamento; altre applicazioni sono meno comuni, come i microchip sottopelle per pagamenti contactless o i circuiti stampati sulla pelle come fossero tatuaggi, per monitorare diversi indicatori della salute; altre sembrano ancora fantascienza, benché quasi alla portata delle attuali tecnologie: è per esempio il caso di un circuito OLED (la tecnologia di molti schermi per TV e smartphone), applicabile come un tatuaggio temporaneo, capace di rilevare informazioni dalle cose attorno a noi – come la freschezza del cibo in vendita sui banconi del mercato.
Ancora in fase di test, ci stanno lavorando l’University College of London (UCL) e l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT): lo studio è pubblicato su Advanced Electronic Materials.
Secondo i ricercatori questa tecnologia moltiplica le possibili applicazioni dei dispositivi indossabili: ad esempio, se combinato a un sensore del sudore potrebbe emettere un segnale luminoso quando un atleta è disidratato; in ambito alimentare, potrebbe indicare la scadenza o il livello di maturazione di frutta e verdura. In medicina, sarebbe in grado di avvertire dottori e infermieri di un cambio nelle condizioni di salute di un paziente, ma ha in potenza applicazioni ancora più interessanti in fotochemioterapia e terapia fotodinamica.
«È una tecnologia economica e che può essere prodotta su larga scala», afferma Franco Cacialli (UCL): «sono tatuaggi semplici da utilizzare e facilmente removibili con acqua e sapone.» Il singolo tatuaggio compone un dispositivo spesso appena 2,3 micrometri (meno di 1/400 di un millimetro) composto da un polimero elettroluminescente (emette luce quando riceve elettricità) inserito tra elettrodi. «Il nostro studio è solo all’inizio, ma prova che questa tecnologia può funzionare», conclude il ricercatore: «ora dobbiamo arrivare a integrare una batteria o un supercondensatore, e studiare il modo migliore per incapsulare gli OLED nel tatuaggio, impedendo che si danneggino a contatto con l’aria.»
Fonte Focus.it