(ANSA) – ROMA, 19 LUG – L’Italia è al primo posto tra i Paesi
con i maggiori costi sanitari derivanti dall’uso del gas
naturale negli impianti termoelettrici, con 2,17 miliardi di
euro. Sono i dati sui 27 Stati Ue più il Regno Unito contenuti
nel rapporto di Wwf e Greenhouse Gas Management Institute Ghgmi “Le emissioni di metano in Italia” che calcola per l’intera
area 8,7 miliardi di costi. Nel solo 2019 sono 2.864 le morti
premature per l’uso di energia prodotta da gas naturale, inoltre
ci sono 15.000 casi di impatti respiratori su adulti e bambini,
oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni
lavorativi perduti a causa di malattie.
Le emissioni di metano hanno inoltre “un ruolo fondamentale
per evitare l’innalzamento delle temperature”, per il Wwf. Le
emissioni del secondo gas-serra di origine antropica, dopo
l’anidride carbonica, sono aumentate del 47% dall’epoca
preindustriale ad oggi, e hanno raggiunto i livelli più elevati
degli ultimi 800.000 anni.
Il metano è un gas-serra “più potente dell’anidride
carbonica”, con un potenziale di riscaldamento globale circa 80
volte più forte per unità di massa su una scala temporale di 20
anni, ma ha anche una vita media in atmosfera più breve e questo
fa sì che “il raggiungimento di riduzioni significative avrebbe
un effetto rapido ed efficace sul potenziale di riscaldamento
atmosferico”.
Nel 2019, le emissioni di metano dell’Italia sono state pari
a circa 1700 migliaia di tonnellate, il 12,9% in meno del valore
registrato nel 1990 e i settori che forniscono il contributo più
rilevante sono l’agricoltura con il 44,2%, la gestione dei
rifiuti con il 37,9% e l’energia con il 17,9%. Tra il 2000 e il
2019 il paese è solo 18esimo in Europa per taglio delle
emissioni.
“Cercheremo di fare in modo che il governo faccia la sua
parte”, è l’impegno della responsabile Clima ed Energia del WWF
Italia Mariagrazia Midulla. “Siamo molto preoccupati in questo
momento rispetto al gas”, dichiara Midulla, “noi prevediamo nei
vari decreti contratti per i rigassificatori fino al 2043,
questo è un modo di prevedere il nostro futuro energetico molto
discordante con gli impegni che abbiamo preso”. (ANSA).
Fonte Ansa.it