A partire dalla sua introduzione negli anni Ottanta il sistema di navigazione GPS ha cambiato il mondo e oggi ha un forte impatto sulla vita quotidiana. La geolocalizzazione dei dispositivi basata sulla trasmissione dei segnali radio dai satelliti a terra viene utilizzata ormai anche per semplici attività come monitorare un percorso di allenamento sul proprio smartwatch, seguire le indicazioni di una mappa sulle app navigatore e sfruttare la posizione di un individuo per proporgli pubblicità mirate.
Il sistema di navigazione GPS però non funziona sott’acqua, dato che le onde radio si degradano rapidamente nei liquidi. Per tracciare gli oggetti sottomarini, dai droni e alle balene, i ricercatori hanno sviluppato negli anni sistemi di segnalazione acustica, che presentano un grosso limite. Per funzionare, questi dispositivi, che generano e inviano suoni, richiedono molta energia per funzionare il che implica delle batterie ingombranti, solitamente di breve durata e che richiedono una sostituzione frequente.
Questa condizione provoca inevitabilmente delle limitazioni nell’esplorazione oceanica e in tutte le applicazioni che prevedono l’uso di sistemi di navigazione sott’acqua. Una risposta che apre a nuovi scenari arriva dai ricercatori del Massachussetts Institute of Technology (MIT), che hanno progettato e costruito un sistema di localizzazione senza batteria chiamato Underwater Backscatter Localization (UBL).
Invece di emettere segnali acustici, il cui ritorno fornisce informazioni sulla posizione di oggetti sottomarini, il sistema UBL riflette i segnali modulati dall’ambiente, fornendo dati sul posizionamento senza consumare energia e quindi senza bisogno di batterie. Questa tecnologia muove ora i suoi primi passi, ma il potenziale è già chiaro: potrebbe rivelarsi uno strumento chiave per lo studio e l’esplorazione degli oceani, fornendo dati preziosi sia per gli ambientalisti, che per gli scienziati del clima e anche per la marina militare.
Onde sonore e dispendio di energia
Il nuovo sistema di navigazione UBL è stato descritto in un paper durante un workshop organizzato dalla Association for Computing Machinery. A guidare i ricercatori del MIT che hanno sviluppato la nuova tecnologia è Reza Ghaffarivardavagh, insieme ai co-autori Sayed Saad Afzal, Osvy Rodriguez e Fadel Adib.
Data la veloce degradazione delle onde radio del GPS in acqua, le comunicazioni subacquee di qualsiasi tipo avvengono attraverso segnali acustici. Le onde sonore infatti viaggiano più velocemente e per lunghe distanze in un mezzo liquido come l’acqua piuttosto che attraverso l’aria e per questo motivo sono il modo più efficiente di trasmettere informazioni sott’acqua.
Per generare onde sonore, però, sono necessari alti livelli di energia: le batterie dei generatori di segnali acustici si scaricano piuttosto rapidamente e questo rende difficile il tracciamento di precisioni di oggetti, come i sottomarini, o di animali, come grandi cetacei. Non sarà di certo facile cambiare la batteria di un dispositivo indossato da una balena durante la sua migrazione negli oceani.
UBL, il GPS subacqueo che non richiede energia
I ricercatori del MIT hanno unito i propri sforzi per trovare un modo di generare onde sonore senza consumare eccessive quantità di energia. Il gruppo si è concentrato sull’utilizzo di materiali piezoelettrici, che generano la propria carica elettrica in risposta a sollecitazioni meccaniche, come ad esempio ricevendo impulsi dalla vibrazione delle onde sonore.
Sfruttando questa proprietà dei sensori piezoelettrici, gli impulsi incidenti vengono riflessi selettivamente rispetto alle onde sonore già presenti nell’ambiente (ad esempio nell’oceano) e un ricevitore traduce la sequenza di riflessioni e non riflessioni, detta “retrodiffusione”, in un pattern di “1”, che indica le onde sonore riflesse, e “0”, per le onde non riflesse. Quello che si ottiene è un codice binario che può essere usato per trasmettere in superficie un’ampia gamma di informazioni: dalla temperatura dell’oceano alla sua salinità. Secondo i ricercatori, questa tecnologia, se ben calibrata, potrebbe fornire informazioni anche sulla posizione di un oggetto che si trova sott’acqua.
UBL, il problema dell’eco oceanica
Il sistema individuato dai ricercatori permetterebbe quindi di ottenere informazioni sulla posizione di oggetti o animali nell’oceano sfruttando le proprietà del sensore piezoelettrico. Per calcolare la distanza tra l’osservatore e il sensore si sfrutta il tempo che l’onda sonora emessa impiega per riflettersi sul sensore e poi tornare all’osservatore.
La retrodiffusione in acqua può però diventare un problema perché l’oceano agisce come una camera d’eco: le onde che arrivano fino alla superficie e poi giù di nuovo ai fondali tornano all’unità di osservazione in tempi diversi e calcolare la posizione da tutte le riflessioni è molto complicato. Tenere conto di tutte le riflessioni del segnale sonoro è una vera e propria sfida, dato che tanto più breve è la distanza tra il fondale e la superficie, tanto più forti saranno i segnali di rimbalzo che creano confusione nella misura.
Per superare il problema, i ricercatori hanno utilizzato il “salto di frequenza“: invece di inviare segnali acustici a singola frequenza, l’emettitore di onde sonore utilizza una sequenza di segnali su una gamma di frequenze. Ognuna di queste frequenze ha una lunghezza d’onda diversa e, pertanto, le onde sonore riflesse tornano indietro all’osservatore in fasi diverse. Combinando queste informazioni su tempi e fase d’onda, i ricercatori sono riusciti a determinare effettivamente la posizione del localizzatore.
Questa tecnica si è rivelata efficace nelle simulazioni in acque profonde, ma per tagliare il rumore in acque meno profonde è stata necessaria una protezione aggiuntiva: rallentare il flusso di informazioni quando l’eco tra superficie e fondale è troppo forte. Per farlo, hanno ridotto il bitrate, facendo passare più tempo tra un segnale inviato dal generatore ed il successivo.
In tal modo, attendendo che il segnale si attenuasse prima di interferire con quello successivo, si è riusciti a migliorare il meccanismo, ma è sorto un altro problema: un bitrate lento comportava che al momento dell’arrivo dell’informazione sulla posizione, l’oggetto si era già spostato. Il problema delle acque poco profonde, quindi, è una sfida ancora da risolvere.
UBL, le prospettive di applicazione del GPS subacqueo
La nuova tecnologia UBL sviluppata dai ricercatori del MIT è ancora in fase di perfezionamento e restano da risolvere ancora diverse sfide tecniche. Procedendo la sperimentazione sul campo, ad esempio in collaborazione con la Woods Hole Oceanographic Institution di Cape Cod, si potrà testare l’efficacia del GPS subacqueo sia in acque profonde che poco profonde.
Il nuovo sistema di navigazione potrebbe portare a un boom dell’esplorazione oceanica: ad oggi conosciamo meglio la superficie della luna che il fondo oceanico. Avere un GPS subacqueo con tecnologia UBL potrebbe aiutare a realizzare veicoli autonomi in grado di esplorare i fondali senza perdersi e senza aver bisogno di grandi batterie per comunicare con le stazioni scientifiche.
Progettando e sviluppando robot sottomarini equipaggiati con UBL si potranno ottenere maggiori e, soprattutto, più precise informazioni sugli impatti dei cambiamenti climatici negli oceani. Le applicazioni della nuova tecnologia sono tante e non resta altro che attendere il suo perfezionamento affinché un giorno possa essere usata per un numero maggiore di scopi, con una affidabilità comunque alta.
Fonte Fastweb.it